
Vuelta. Il giorno in più di Robert Gesink
19/08/2022L’ultima volta che Robert Gesink ha vinto una corsa è stato in Spagna, alla Vuelta. Era il 2016 e all’epoca non aveva ancora del tutto abortito l’idea di poter essere un protagonista dell’alta classifica di una corsa a tappe. Aveva trent’anni allora e quella corsa l’aveva iniziata senza nessuna aspettativa, al servizio degli altri, che gli acciacchi che si portava dietro dal Giro di Svizzera non erano passati. Finì con una vittoria sull’Aubisque e due sfiorate in cima ai Lagos de Covadonga, prima, e al Camins del Penygolosa, dopo.
Fu in quella Vuelta che Gesink capì che far classifica non era più cosa per lui, che se la sarebbe goduta anche a vivere alla giornata, a cercare la fuga giusta. I miglioramenti continui di Primoz Roglic, la stima e fiducia che aveva per lui, poi gli fecero cambiare ancora idea, lo convinsero a evolversi in gregario. Mica semplice trasformarsi in apripista quando per anni, oltre un lustro, si è stati dalla parte opposta.
Robert Gesink ci è riuscito benissimo, c’erano pochi dubbi a tal proposito. Non ne aveva nessuno almeno Nico Verhoeven, il direttore sportivo che assistette a quella trasformazione: “In gruppo ci sono poche persone intelligenti come Robert: ha il dono di capire chi gli sta attorno e nel ciclismo, come nello sport e nella vita in generale, questo fa la differenza”.
Gesink ha lavorato tanto, tantissimo, per i compagni in questi anni. Oggi si ritrova, anche per questo, in maglia rossa alla Vuelta 2022. Primo a passare la linea del traguardo della cronosquadre. Primo davanti a Primoz Roglic. Primo perché era giusto così e non solo perché si correva nei Paesi Bassi. Nel ciclismo certi gesti hanno ancora un senso. E non si tratta di favori o di gentilezze, si tratta di rendere i meriti a chi ha avuto enormi meriti nelle vittorie altrui.
Robert Gesink per un giorno, forse più, ritornerà indietro nel tempo, a quando era lui a essere protetto e non lui a proteggere gli altri. Poi tutto tornerà alla normalità. È cambiato nulla, una tappa e una vittoria di squadra, l’ennesima, ma questa volta davvero tutti assieme anche nel palmares. Se la filano più tanto ormai la cronometro a squadre nel ciclismo. E questo è un peccato, perché le cronometro a squadre erano l’occasione per vedere quanto una squadra era unita, forte, soprattutto squadra, tanti corpi in un corpo unico.
A Utrecht è finita che la Jumbo-Visma è stata più veloce delle altre, forse non la più forte, si vedrà strada facendo, certamente la migliore ad andare all’unisono. Lo striscione d’arrivo l’hanno attraversato in otto assieme, tutti. Nessun uomo sacrificato e perso per strada, perché tutti sono importanti e tutti fondamentali.
A Utrecht è finita che Primoz Roglic ha guadagnato tredici secondi a Richard Carapaz, quattordici a Remco Evenepoel, trentuno a Simon Yates, trentatré a Joao Almeida e Marc Soler, trentotto a Thibaut Pinot, quarantuno a Jan Hindley e Sergio Higuita, quarantadue a Mikel Landa, Juan Pedro Lopez e Gino Mader.